Fotolia 70306559 MGli operatori psichiatrici che si prendono cura dei pazienti devono essere in grado di comprendere cosa significa trovarsi nello stato di paziente.

Non è sufficiente che lo avvertano a livello intellettuale: la specifica natura del loro lavoro esige che essi sentano quella stessa sofferenza, mista ad angoscia che il paziente prova. Altrimenti il paziente farà di tutto affinché se ne rendano conto. Si tratta di una questione di distanza: gli operatori, che si trovano in un rapporto così vicino alla sofferenza dell'altro, sono tenuti per prima cosa a riconoscerla. Il solo modo autentico per far procedere la cura è quello di entrare all'interno di un processo del quale essi sono partecipi, alla stessa stregua del paziente. Al di là delle difese intellettuali, esiste un'area comune tra operatore e paziente che spesso entra in risonanza. A riguardo si può richiamare lo studio, ormai storico, di Isabel Menzies sul servizio infermieristico in un ospedale generale: " la situazione obiettiva che l'infermiere affronta somiglia in modo sorprendente a quegli stati fantasmatici della mente che sussistono a livello assai profondo e primitivo in ciascuno di noi." L'essere umano ammalato e offeso nella sua integrità suscita, a livello inconscio, fantasie e immagini intense, piene di paura, ansia e sensi di colpa che, a loro volta, provocano stati d'animo ben lontani dalla situazione reale di lavoro dalla quale si era partiti e che possono causare in chiunque involuzioni patologiche. Di tali possibili involuzioni ci si difende attivamante sia sul piano individuale con scissioni, proiezioni ecc., sia su quello istituzionale con l'uso meccanico dei dispositivi istituionali. Hinshelwood sottolinea quanto il lavoro con i pazienti gravi abbia bisogno, per essere svolto correttamente, della funzione istituzionale. Al tempo stesso, tuttavia, l'esercizio della funzione istituzionale provoca vissuti che, se caratterizzati da forte sofferenza nel contatto emotivo con il paziente, possono essere respinti nella sfera inconscia di ogni singolo operatore. Si realizza così una forma di infezione emotiva o di contagio tra pazienti e operatori. La fluidità dei processi proiettivi e introiettivi, nel campo istituzionale, può trovare forme specifiche di paralisi, di blocco e quindi di sofferenza degli operatori. La paralisi a volte sembra attuarsi negli operatori per forme intense di pressione sul clima del gruppo di lavoro, per l'intensità degli affetti in circolazione. Se dunque l'operatore è fatto oggetto di pressioni intese a fargli sperimentare se stesso come vuole la fantasia inconscia del paziente, possiamo anche aggiungere che l'intensità di quanto sperimenta, indotto dal paziente, può essere talmente doloroso e poco elaborabile, da spingerlo ad alleviare la tensione attraverso agiti non pensati. In generale si può dire che meno il paziente è in grado di contenere un'esperienza positiva, più questa sarà espressa nel suo comportamento e nel controtransfert dell'operatore che spesso può inficiare l'intero processo terapeutico e modificare il clima di gruppo.

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