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DIABETE

 Stefano Del Prato : " Nel 2040 le persone con diabete saranno oltre 600 milioni "

 

Nella sesta puntata di GeoSalute, in onda su 50canale giovedì 26 maggio alle 22:30 , si è parlato di diabete con il Professor Stefano Del Prato, Direttore della U.O Diabetologia e Malattie Metaboliche Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana. Vi invitiamo a prendere visione del video disponibile sul sito.

Il diabete mellito è una condizione caratterizzata da elevati livelli di zucchero ( glucosio ) nel sangue. – ci spiega Stefano Del Prato, Direttore della U.O Diabetologia e Malattie Metaboliche Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana – Si verifica a causa dell'assenza o dell'alterata funzione di un ormone, chiamato insulina, che nell'organismo sano permette agli zuccheri assimilati con i pasti di trasformarsi in energia. E' una malattia importante che rischia di ridurre le aspettanze di vita ma si può curare e si può prevenire rendendo i cittadini consapevoli. Esistono due tipi principali di diabete mellito: il diabete di tipo 1 insorge solitamente in età giovanile, spesso in modo brusco e necessita fin da subito del trattamento con insulina. È la forma meno frequente di diabete e attualmente non si conosce ancora il modo per prevenirlo ; – espone Del Prato – il diabete di tipo 2 si presenta solitamente in età più avanzata e si associa spesso a sovrappeso / obesità. La sintomatologia nel diabete di tipo 2 è per lo più è assente ed è per questo che è considereato un killer silenzioso; i sintomi principali ai quali bisogna far attenzione sono per lo più una sete intensa, bisogno di urinare spesso, astenia e perdita di peso. Questa è la forma più comune di diabete e può essere prevenuta mediante modifiche dello stile di vita: perdere il peso in eccesso, fare più attività fisica, mangiare più fibre scegliendo alimenti più sani. Da tempo si parla di quella che comunemente viene definita l’epidemia del diabete. A generare questa definizione sono soprattutto i numeri: 380 milioni di persone con diabete nel mondo con una previsione di sfiorare i 600 milioni nell’arco dei prossimi 15 anni. - spiega Del Prato - Questi dati allarmano e preoccupano ancora di più quando si considerano le persone che presentano valori di glicemia non ancora indicativi di una condizione patologica già esistente, ma neppure normali: oggi sarebbero oltre 300 milioni, ma potrebbero divenire quasi il doppio nel 2035. Da alcuni anni è invalsa la consuetudine di definire questi soggetti come pre-diabetici, ovvero a maggior rischio di sviluppare la malattia, e dunque meritevoli di particolari forme di intervento (modificazioni dello stile di vita se non un trattamento farmacologico vero e proprio). Ovviamente parliamo del diabete tipo 2, visto che il diabete tipo 1 ha tutt’altra patogenesi. Le raccomandazioni dietetiche sono all’ordine del giorno sui media: sia quelli scientifici sia quelli divulgativi: le fibre alimentari sono un vero toccasana per la nostra salute, soprattutto in caso di alterazioni metaboliche in fase postprandiale (dopo un pasto), una condizione di rischio aggiuntivo per il diabete e le malattie cardiovascolari. Dopo i pasti, infatti, si verifica un fisiologico amento di glicemia, insulina e trigliceridi, che diventa ancora più marcato se la dieta è ricca di carboidrati semplici e di grassi. La dieta moderna è diventata più appetibile ma meno ricca di fibre. Quindi non solo mangiamo di più, ma mangiamo anche peggio, con il risultato che si ingrassa più facilmente e aumenta ancora di più il rischio di obesità, diabete e malattie cardiovascolari. Dopo i pasti si registrano delle vere e proprie escursioni di glicemia e trigliceridi, che rappresentano un pericolo per la nostra salute. L’iperglicemia postprandiale, infatti, è correlata a un aumento del rischio di retinopatia e cancro, ed è causa di stress ossidativo, infiammazione e disfunzione endoteliale, diminuzione del volume e del flusso ematico e riduzione delle funzioni cognitive negli anziani con diabete di tipo 2. Tali alterazioni metaboliche possono essere modulate in maniera positiva, migliorando la qualità e la quantità dei cibi che introduciamo. Come ha spiegato l’esperto, infatti, una dieta più ricca di legumi, cereali integrali, frutta e vegetali (quindi più ricca di fibre) consente di tenere sotto controllo le escursioni di glicemia e trigliceridi dopo i pasti. È chiaro che le fibre non sono tutte uguali. Alcune hanno un effetto maggiore sul metabolismo (fibre solubili), quindi sulla glicemia e sui lipidi, altre invece regolano maggiormente la velocità del transito intestinale (fibre insolubili), ma risultano efficaci anche nel ridurre l’insulina e i trigliceridi in fase post-prandiale. Come ricorda il professor Del Prato, l’apporto giornaliero di fibre deve essere pari a 30-35 g, che equivale ad assumere un piatto di legumi o di pasta e legumi 2-3 volte la settimana, uno o due abbondanti piatti di verdura nella giornata e 2-3 pezzi di frutta al giorno. Tra i cereali è bene scegliere quelli meno raffinati, come ad esempio il pane integrale e la pasta integrale. Le fibre sono in grado di ridurre la glicemia dopo i pasti in quanto interferiscono con l’assorbimento dei nutrienti, in particolare dei carboidrati. Inoltre che le fibre riducono la glicemia nella prima parte del periodo post-prandiale, mentre a distanza di 5-6 ore dal pasto mantengono la glicemia a livelli leggermente più elevati. Questo è molto importante soprattutto nei pazienti in trattamento, perché aiuta a prevenire le ipoglicemie tardive post-prandiali, frequenti nei pazienti in trattamento. Alcune fibre formano poi una sorta di gel (fibre solubili), che favorisce il senso di sazietà, limitando l’assorbimento dei glucidi. Non a caso, dopo un pasto ricco di fibre aumenta il senso di pienezza. Ma il “potere” delle fibre, non finisce qui. Nell’ultima parte dell’intestino, infatti, vengono attaccate dagli enzimi digestivi. In questo modo, prevalgono i batteri dotati di effetti favorevoli contro l’obesità, il diabete e le altre malattie metaboliche.

 

 

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