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Sembra facile, ma non lo è. Eppure gli studi ci sono e le evidenze sono clamorose. Investire sulla prima infanzia paga, e neanche poco.

Ciò nonostante in Italia si continua a far finta di niente. Allora oggi vi parliamo di uno studio statunitense, di cui ci ha parlato la coordinatrice pedagogica dei servizi educativi Paim, Roberta Cecchi, pubblicato nel 2011 il cui obiettivo era quello di verificare la relazione tra un progetto di educazione prescolare e lo stato di salute di quegli adulti che da bambini avevano beneficiato del progetto. Riportiamo il testo tratto dalla rivista Un pediatra per amico. " Il progetto in questione si chiama Abecedarian program e somiglia molto ai nostri asili nido e scuole dell’infanzia: i bambini svolgono diverse attività finalizzate allo sviluppo cognitivo e del linguaggio, vengono avvicinati alla lettura e sollecitati al riconoscimento delle forme; giocano e imparano a stare insieme agli altri. I genitori soli dei bambini che partecipano al progetto possono contare su una consulenza pediatrica e un accesso facilitato alle cure mediche. Un gruppo di ricercatori ha studiato 111 bambini (0-5 anni) del North Carolina divisi in due gruppi, uno dei quali aveva avuto accesso per 5 anni (1972-77), all’Abecedarian program. Sebbene tra i due gruppi non vi fossero significative differenze di tipo socio economico, è stato verificato che i bambini dell’Abecedarian program dimostravano una maggiore competenza in lettura già a 3 anni, a 15 anni avevano una maggiore padronanza della lettura e della matematica e le prime gravidanze arrivavano ad una età più alta. Inoltre, in questo gruppo si riscontrava una minore prevalenza di depressione e maggiori possibilità di arrivare a un corso di studi superiori. Quando i bambini hanno raggiunto 21 anni sono stati nuovamente studiati: le condizioni di salute del gruppo Abedarian sono state messe a confronto con quelle di chi non aveva usufruito del progetto. L’indagine ha dimostrato che le persone del primo gruppo avevano indicatori di salute migliori e livelli di rischio comportamentale significativamente più bassi degli altri. Lo studio ha inoltre dimostrato che ogni dollaro investito nell’istruzione e nell’educazione di bambini piccoli rende 3,23 dollari in termini di guadagno di salute. Di fronte a tali evidenze siamo costretti a ricordare che in Italia l’offerta degli asili nido è tra le più basse d’Europa, soltanto il 12% dei bambini trova accoglienza in una struttura pubblica. Inoltre, come sempre, la distribuzione è assolutamente diseguale: si passa dal 29,4% dell’Emilia Romagna, al vergognoso 2.4% della Calabria. Dunque, se il buongiorno si vede dal mattino, possiamo immaginare perché i nostri ragazzi ottengano risultati peggiori dei loro colleghi europei arrivando agli ultimi posti nelle classifiche internazionali, e perché l’Italia risulti trentatreesima nella valutazione delle competenze linguistiche e trentottesima per le abilità matematiche su 57 paesi. Possiamo immaginarlo, appunto, ma non abbiamo la dimostrazione di una relazione certa tra lo scarso investimento sull’infanzia e i pessimi risultati dei nostri studenti, perché in Italia non esistono studi a lungo termine che permettano di seguire l’evoluzione dei nostri bambini. Anche questo non sarà un caso."

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