20161025 104943Mantenere il contatto con il mondo che ci circonda, la relazione con una realtà che spesso è distante dalla vita quotidiana è di vitale importanza per i nostri anziani che si tengono informati leggendo notizie nazionali ma soprattutto locali, presenti nei quotidiani.

Con la crescita, la lettura diventa strumento prezioso andando a costituire un potente antidoto alle sensazioni di vuoto, di solitudine, di inutilità causati dalla diminuzione di impegni e, a volte, da presenze saltuarie degli affetti. La lettura è in grado di stimolare funzioni mnemoniche e potrà dare valore a una fase di vita essenziale per l’elaborazione del vissuto, per i bilanci, per trarre, dal passato, una dimensione comunque prospettica. In questo senso, la lettura ad alta voce, può e deve diventare un’attività familiare, riconosciuta come opportunità del tutto particolare per la condivisione di pensieri e sentimenti, all’interno di tempi e spazi di vita comuni. In un certo modo questo può costituire un proseguimento dell’antica tradizione dei cantastorie, coltivata nel tempo da individui, popolazioni e differenti generazioni. La lettura ad alta voce è fonte di conoscenze e informazioni indispensabili per tutte le età e in tutte le condizioni fisiche, psichiche e sociali. L’anziano in questo senso è una persona che, indipendentemente dall’età e dal livello di scolarizzazione e di decadimento cognitivo raggiunto, ha il diritto e, spesso, le risorse per essere protagonista del proprio personale invecchiamento. Oggi l’anziano non ricalca l’immagine stereotipata di anziano declinante, inattivo, passivo. Si profila invece un’immagine di anziano attivo, desideroso di nuove esperienze, felice di esistere, di rinnovarsi, capace di un giudizio critico e di muovere proposte migliorative della propria condizione. Un’ anziano che, attraverso l’ascolto e l’interazione dà voce ai propri desideri e ai propri bisogni, è un anziano attento al proprio benessere, che si prende cura della propria mente, del proprio corpo e della propria anima. La lettura costituisce, senza dubbio, uno strumento utile, in molti sensi, al rallentamento delle patologie degenerative : l’uso della narrazione e della lettura come strumento terapeutico è stato ampiamente dibattuto nel 20esimo secolo. Inizialmente il termine era utilizzato a proposito delle librerie che lavoravano congiuntamente alle professioni mediche, poi è diventato di maggior utilizzo nelle cosiddette “professioni di aiuto”, mentre ancor più recentemente è divenuto importante per la psicologia. La parola “Biblioterapia” può indicare sia il trattamento effettuato tramite i libri, sia il processo di interazione dinamica tra la personalità del lettore e la letteratura che avviene sotto la guida di un aiutante addestrato. Potremmo utilizzare la definizione del termine, data da Rosa Mininno, fondatrice del primo sito internet italiano dedicato totalmente all’argomento. Per Biblioterapia si intende quindi “la terapia attraverso la lettura come strumento di promozione e crescita culturale personale e collettiva, come strumento di auto-aiuto, di acquisizione di conoscenze e promozione di consapevolezza in situazioni di disagio psicologico e sociale oltre che come tecnica psicoeducativa e cognitiva in ambito psicoterapeutico”. La lettura è in grado di facilitare lo sviluppo di una maggiore capacità di comprendere gli altri e di identificarsi con loro sviluppando la facoltà umana del pensiero narrativo, l’intelligenza emotiva, la consapevolezza di sé (e/o del proprio disagio) portando, gradualmente, la persona ad una ristrutturazione del Sé. La lettura permette di sviluppare processi empatici e quindi di mentalizing ovvero comprendere le intenzioni, gli obiettivi, le emozioni e altri stati mentali dei personaggi. Le regioni cerebrali che sembrano contribuire al pensiero narrativo sono molteplici: come dice Maar: ogni rete che supporta il linguaggio, la memoria, e anche la percezione è probabile che giuochi un ruolo fondamentale nella comprensione e interpretazione delle storie lette o ascoltate. La piattaforma teorica che ne emerge risulta interessante per la ricerca futura, specie per la prevenzione e il trattamento dei disturbi derivanti da deterioramento cognitivo in soggetti anziani.

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